Categoria: Parole in libertà

  • di Antonio Di Giorgio

    In questo intricato gioco chiamato vita, ci ritroviamo spesso a essere gli attori principali in un dramma fatto di gelosie, amori contrastanti e amicizie che inciampano nel territorio del possesso. Ma nel caos emotivo, c’è sempre una rete di salvataggio che ci tiene sospesi, pronti a riprenderci e a rialzarci.

    Quando l’amore diventa terreno fertile per la gelosia, ci si ritrova in un turbine di emozioni che è difficile da domare. Queste emozioni inquinano i tuoi giorni, le tue ore, i secondi. È come se ogni sguardo fosse una potenziale minaccia, ogni parola sospetta un tradimento in potenza. Ma, l’amore vero non dovrebbe essere un gioco di controllo, bensì un abbraccio di fiducia reciproca. E quando ci si trova in balia di questa tempesta di gelosia, è importante fermarsi un attimo, respirare e ricordare che l’amore autentico è basato sulla fiducia e sulla libertà.

    E che dire degli amici gelosi? Quelli che, invece di essere felici per i nostri successi, sembrano mettere in discussione ogni nostra conquista. Possono essere come spine nel nostro percorso, ma anche qui, nella selva delle relazioni sociali, c’è una rete di salvataggio che ci sostiene. Gli amici veri, quelli che ci amano davvero, saranno sempre lì per noi, pronti a celebrare le nostre vittorie e ad asciugare le nostre lacrime quando inciampiamo lungo il cammino.

    Le amicizie sono come piante preziose che necessitano di cure e attenzioni costanti. Ma cosa succede quando il seme della gelosia viene piantato in questo terreno fertile? È importante riconoscere che la gelosia tra amici può derivare da una serie di fattori, come la paura dell’abbandono o la competizione non dichiarata. Tuttavia, le amicizie genuine sono basate sulla fiducia reciproca e sulla capacità di gioire per il successo dell’altro. Affrontare la gelosia tra amici richiede comunicazione aperta, empatia e un impegno per superare le sfide insieme. E se queste sfide fossero insuperabili? Giusto sradicare la pianta dal vaso e gettarla via.

    E che dire dell’uomo geloso? Quello che non riesce a gestire la tua indipendenza, che si sente minacciato dalla tua forza e determinazione. È importante ricordare che il vero amore non ha paura di lasciare liberi coloro che ama. Non dovrebbe essere una gabbia dorata, bensì un’opportunità di crescita reciproca. E se trovate un uomo che vi ama per la vostra essenza, che vi incoraggia a volare alto e ad essere la migliore versione di voi stesse, allora avete trovato un tesoro prezioso da custodire.

    In questo viaggio fatto di alti e bassi, è fondamentale riconoscere la bellezza della rete di salvataggio che la vita ci ha donato. Sono quegli abbracci sinceri dopo una giornata difficile, quei sorrisi che ci riscaldano il cuore quando sembra che tutto vada storto. Sono le persone che ci tengono a galla quando sentiamo di affogare nei nostri pensieri più bui.

    Quindi, mentre ci destreggiamo tra gelosie e incomprensioni, ricordiamoci di guardare oltre, di abbracciare la fiducia, di coltivare le amicizie vere e di amare senza limiti. Perché nella vastità dell’universo delle relazioni umane, c’è sempre una rete di salvataggio pronta ad accoglierci e a sostenerci nel nostro viaggio verso la felicità.

    Con empatia Antonio

  • di C.B. e Antonio Di Giorgio

    Quando con C.B. ed Alessia abbiamo ideato la rivista-blog de LeTramedellAnima non avevamo idea di cosa il procedere del tempo ci avrebbe messo fra le dita, sulle nostre mani: sulla tastiera dei nostri computer.

    L’anima: cos’è? La felicità esiste? Perché la memoria ci affligge?

    Questi e altri temi sono esplorati nel romanzo intimo che abbraccia la mia vita, che vuol essere il grido di vittoria sull’esistenza ora tormentata ora serena.

    “Confessioni sotto il vinile”: credetemi sarà come sfogliare una playlist di ricordi, ogni storia una melodia che risuona con il ritmo della vita.

    Il romanzo che state per leggere è il frutto di un’intensa collaborazione, un viaggio attraverso le vite di persone che potrebbero essere vostri amici, vostri vicini di casa, o addirittura voi stessi. È una storia che parla di momenti di felicità, di momenti di tristezza, di momenti di passione e di momenti di disperazione. È una storia che, spero, vi toccherà nel profondo del cuore e vi farà riflettere sulla natura umana e sulle relazioni che intrecciamo lungo il nostro cammino.

    Buon download e buone letture!

    Con empatia: C.B. & Scheggia… “4ever”

  • di C. B.

    Cari lettori dell’Anima…

    In questi giorni abbiamo letto una storia avvincente, un racconto di amore, passione, e una buona dose di dramma, proprio come piace a me. E cosa c’è di meglio di un ritorno al passato per rivivere quei momenti che hanno plasmato il nostro presente? Questa è stata esattamente la mia esperienza con il racconto che ho appena letto.

    “Confessioni sotto il vinile” : credetemi sarà come sfogliare una playlist di ricordi, ogni storia una melodia che risuona con il ritmo della vita.

    Il protagonista di questa storia è “Scheggia”, alter-ego o no, non si sa, è un giovane uomo intrappolato in un turbine di emozioni, incontri e decisioni difficili. Da un lato, c’è Luca, il suo vecchio amore, affascinante e tormentato, che irrompe nella sua vita con una tempesta di passioni e complicazioni. Dall’altro, c’è Emanuele, un nuovo arrivo che porta con sé la promessa di un amore diverso, ma altrettanto travolgente.

    Ovviamente Scheggia, che poi è il direttore delle Tramedellanima.com , cioè Antonio stesso, ai tempi del suo amore per Luca: era il 1990. Ho conosciuto tutti gli amici citati con nomi diversi per proteggere la privacy di tutti… Luca, nella vita reale aveva un altro nome. Sullo sfondo fatti suda Scheggia… Gli fui accanto… Sia questa storia di ispirazione per chi vive amori tossici ed abbia la voglia di uscirne…

    Mi sono ritrovata avvolta in un intreccio di relazioni complesse, dove il desiderio e l’incertezza si scontrano in un balletto sensuale e avvincente. Ho tifato per Scheggia mentre navigava tra le acque agitate delle sue emozioni contrastanti, cercando di trovare il proprio equilibrio in un mare di passioni e conflitti.

    Ma ciò che rende questa storia veramente speciale è la sua capacità di far emergere le sfumature più profonde dell’animo umano. Attraverso i personaggi vividi e ben definiti, ho potuto esplorare le gioie e le tribolazioni dell’amore, l’incertezza e il coraggio di affrontare le proprie paure, e la bellezza e la fragilità dei legami che ci uniscono agli altri.

    E così, mi ritrovo a chiedermi: possiamo davvero controllare il destino, o siamo destinati a essere travolti dalle onde impetuose dell’amore e del destino? Forse è proprio in questo intreccio di domande senza risposta che risiede la vera essenza della vita e dell’amore.

    Parliamo dunque di e-book e vinili, due cose che sembrano provenire da galassie diverse eppure in qualche modo riescono a coesistere nel nostro mondo moderno. Ora, immaginate di unirle insieme, aggiungendo un pizzico di segreti e una spruzzata di nostalgia. Cosa ottenete? “Confessioni sotto il vinile”, l’ultimo e-book che sta per arrivare sui vostri schermi.

    Mentre scorrevo le pagine di questa gemma digitale, non potevo fare a meno di sentire di sfogliare io stessa i miei vinili preferiti, ogni traccia una nuova confessione, ogni solco che nasconde un segreto.

    In un mondo in cui tutto sembra effimero, dove le emozioni sono spesso soffocate dal rumore della vita quotidiana, “Confessioni sotto il vinile” ci ricorda la bellezza della vulnerabilità, il potere di condividere le nostre verità più profonde. È come trovare una traccia nascosta sul tuo album preferito, quella che parla direttamente alla tua anima.

    Quindi, mentre abbracciamo l’era digitale, non dimentichiamo di alzare il volume sulle storie che contano. Tuffiamoci nel mondo di “Confessioni sotto il vinile” e lasciamo che le sue melodie ci portino via in una sinfonia di emozioni. Dopotutto, la vita non è altro che un grande vinile che gira sul giradischi del tempo?

    A breve l’ebook con un link dal nostro sito…

    Con affetto,

    C. B.

  • di C.B.

    Non so rispondere alla domanda che mi sono data, no, non so rispondere. Stavolta ho deciso di fare un articolo profondamente serio: i fatti italiani di Pisa e Firenze sono parecchio angoscianti: la polizia italiana ha caricato gruppi di ragazzi e ragazze delle scuole superiori che manifestavano il proprio pensiero, e la stampa si è sbizzarrita ed accanto l’indignazione del Presidente italiano Mattarella.

    Accanto alla miglior gioventù c’è un lato oscuro, profondamente oscuro: il razzismo giovanile e il sottostimato suprematismo bianco in troppi giovani, in troppe teste calde. Il suprematismo bianco è un’ideologia razzista che promuove la convinzione nella superiorità della razza bianca sugli altri gruppi razziali. Questa ideologia sostiene il dominio e il controllo dei bianchi su altre razze, spesso attraverso la discriminazione, la segregazione e la violenza. Il suprematismo bianco può manifestarsi in varie forme, tra cui la promozione dell’etnia bianca come superiore e la diffusione dell’odio e della violenza verso individui e gruppi non bianchi. È una ideologia pericolosa che ha alimentato atti di violenza e oppressione nei confronti di minoranze etniche in molte parti del mondo.

    Le cronache di atti razzisti nelle scuole sono ormai un “che” ordinario: i ragazzini giocano ad insultare i compagni di colore con insulti animaleschi e che offendono la dignità: anche l’Università non ne è immune. L’attuale conflitto in Europa e il clima mai pacificato in medio-oriente sono loro i veri promotori di un nuovo “vento razzista” oppure il razzismo non è mai stato sconfitto?

    I libri di Educazione civica delle nostre scuole italiane dedicano pagine al fenomeno, offrono in classe spunti di dibattito e discussione ed accanto al dibattito c’è da capire quale sia il risvolto di queste iniziative: nelle aule di tutta italia il fenomeno è vivo e al tempo stesso è sopito, e spesso con buona pace di insegnanti, di genitori, cioè degli educatori della società.

    Secondo HRW Alcuni degli abusi dei diritti umani più acuti e pervasivi si verificano in tempi di crisi e conflitti. La divisione Crisi e conflitti documenta, espone e sostiene la fine delle violazioni dei diritti umani e delle leggi di guerra durante conflitti armati, disastri umanitari e gravi disordini sociali o politici. Il team lavora anche su questioni come il cambiamento climatico e la migrazione forzata che possono provocare conflitti. Indaghiamo su come le misure adottate dai paesi in nome della sicurezza – come le leggi antiterrorismo su vasta scala e le tecnologie di sorveglianza di massa – possano minare i diritti umani. Il team si mobilita rapidamente per influenzare i decisori attraverso rapporti investigativi, comunicazioni strategiche e sostegno orientato agli obiettivi. Portiamo l’attenzione sulle crisi sottostimate, evidenziamo la difficile situazione delle persone emarginate, promuoviamo norme legali rispettose dei diritti e facciamo pressione affinché la giustizia protegga e promuova i diritti umani. Ma a mio dire tutto ciò deresponsabilizza l’azione politica degli Stati: credo che accanto a ciò che ho chiamato il “vento razzista” occorra promuovere un’azione etica nuova, perché è evidente che il vento del razzismo soffia nuovamente con una forza inquietante, minacciando di oscurare i progressi verso una società più giusta e inclusiva.

    Quando nel 1991…

    All’inizio degli anni Novanta Los Angel fu pervasa da un’ondata di guerriglia urbana:

    La rivolta di Los Angeles del 1991-92 è stata una serie di violenti disordini civili che si sono verificati a Los Angeles, in California, negli Stati Uniti, a seguito dell’assoluzione di quattro agenti di polizia accusati di aver brutalmente picchiato un autista afroamericano di nome Rodney King. Il 29 aprile 1992, la giuria ha emesso il verdetto di non colpevolezza nei confronti degli agenti coinvolti nell’arresto di Rodney King, nonostante le immagini video mostrassero chiaramente un uso eccessivo di forza da parte della polizia. Questa decisione ha scatenato una reazione di rabbia e frustrazione tra la comunità afroamericana di Los Angeles, che si è tradotta in disordini su vasta scala.

    Per sei giorni, la città è stata teatro di saccheggi, incendi dolosi, violenze e scontri tra manifestanti e forze dell’ordine. Le immagini dei disordini sono state trasmesse in tutto il mondo e hanno portato l’attenzione nazionale e internazionale sulla questione delle relazioni razziali e della brutalità della polizia negli Stati Uniti. Alla fine dei disordini, ci furono oltre 60 morti, migliaia di feriti e danni materiali stimati in oltre 1 miliardo di dollari.

    La rivolta di Los Angeles del 1992 ha evidenziato le profonde tensioni razziali e socioeconomiche presenti nella società americana e ha portato a una maggiore attenzione sulla necessità di riforme nel sistema di giustizia penale e nella polizia, così come sull’urgente necessità di affrontare le disuguaglianze socioeconomiche.

    In Italia ci sono stati scontri gravi, gravissimi e tensioni forti fra manifestanzi e forze dell’ordine, l’imperativo etico sia per tutti Un mondo senza razzismo è un mondo migliore per tutti perché diversità è forza, non paura.

  • di C. B.

    Ciao lettori dell’Anima. In questo fine settimana ho tentato di capire il motivo per cui inesorabilmente molti di noi si ritrovano col naso a rivedere vecchie serie tv nelle piattaforme più popolari e a chiedermi: perché lo faccio ancora?

    Il caso “Gilmore Girl”. La serie tv Gilmore Girl (Una mamma per amica) ha avuto un successo importante, ma qual è il suo messaggio oltre il messaggio? Ho rivisto la serie due volte per in intero in tutte le 7 stagioni più i 4 espisodi dell’8° serie dedicati a una delle quattro stagioni ed ambientata oltre dieci anni dalla fine dell’ultima stagione. Lorelai e Rory, Luke sono davvero autentici ed inclusivi? E Stars Hollow che cosa rappresenta? E poi: quali i possibili e gli improbabili personaggi che non hanno nulla da dire? Iniziamo. Stars Hollow è un’utopica città in cui non c’è un sindaco, ma un despota, Taylor Doose, che obbliga chiunque a imporre il suo punto di vista legale o meno nell’ordinaria vita di tutti. Nella la serie non ci sono attori di colore, tranne Michel che nella versione italiana ha un accento marcatamente denigratorio del gay tra l’effemminato e lo snob mentre nella versione originale questa caratteristica non è presente. C’è peò Lane (la migliore amica di Rory) e la madre la signora Kim che sono chiamate da Emily Gilmore (la madre di Lorelai) le asiatiche: l’aggravante razzista è il DAR o FRA cioè il gruppo delle figlie della rivoluzione americana, che cercano adepti puristi per una associazione patriottica con chiaro riferimento alla supremazia della razza bianca. Lorelai apparentemente sembra avulsa dal razzismo che contraddistingue i suoi genitori, il loro snobbismo ha punte altissime quando in scena entra nonna Gilmore (interpretata dalla ex mamma di Happy Days) un’altra Lorelai: scopriamo così che è un nome che si tramandano da sempre, e addirittura in un altro episodio si scopre che i Gilmore si sposavano fra cugini per non contaminarsi con la plebe. Le due Gilmore Girl hanno accanto uomini tossici: Luke (Lucas) e Jess rispettivamente zio e nipote entrambi omofobi, entrambi basici e a violenti e maneschi: Jess arriva in un episodio quasi a violentare Rory che in un attimo di coscienza si dimena e dice un “no convinto”, ma Rory vive di rapporti tossici e il più tossico è quello con Logan, un altro snob razzista con un fondo fiduciario di oltre cinque milioni di dollari, attorniato da amici tipo quelli idioti che aveva Romeo nella tragedia di Shakespeare, ma non ha accanto un Mercuzio. Questo quadro rispecchia il mondo attuale? Purtroppo si: ecco perché Gilmore Girls è ancora popolare.

    Il caso Sex and the city. Carrie la protagonista vive in tutte le 6 stagioni rapporti con uomini tossici: Big la usa a suo piacere, lei all’inizio della serie è una totale squattrinata che vive solo di cito a portar via dai party a cui è invitata perché fa la giornalista mondana (espressione che usa lei), ha un’amica totalmente razzista e snob: Charlotte, e una più inclusiva e senza limiti che vuol essere un uomo fra gli uomini, e vuol amare come fanno gli uomini, usando i suoi partner solo per un tipo di sesso mordi e fuggi: è Samantha Jones; Miranda Hobbes è un simbolo è una coscienza a tratti spesso marcatamente snob e razzista.

    Cosa accomuna queste due serie tv? Lo snobismo.

    Serie TV di ieri

    “All in the Family”: Questa serie degli anni ’70 affrontava apertamente temi di razzismo e pregiudizi attraverso il personaggio di Archie Bunker, un uomo bianco conservatore e bigotto. La serie esplorava le tensioni razziali e sociali presenti negli Stati Uniti di quel periodo.

    “The Jeffersons”: Questa sitcom seguiva la vita di una famiglia afroamericana di successo e affrontava temi di razzismo e discriminazione, spesso in modo satirico ma anche riflettendo la realtà delle sfide che le persone di colore affrontavano.

    Serie TV di oggi

    “Black-ish”: Questa serie presenta una famiglia afroamericana benestante che cerca di mantenere la propria identità culturale in una società prevalentemente bianca. Affronta temi di razzismo, stereotipi e discriminazione in modo satirico ma anche toccando punti importanti.

    “Dear White People”: Questa serie affronta il razzismo sistematico nelle università americane, esplorando le esperienze dei personaggi neri e le loro interazioni con gli studenti bianchi. Mette in luce i pregiudizi, le tensioni e le difficoltà che sorgono nel contesto accademico.

    In entrambi i casi, sia nelle serie di ieri che in quelle di oggi, il razzismo è trattato come un problema sociale serio che influisce sulle vite delle persone e viene spesso esaminato attraverso l’umorismo o la satira. Lo snobbismo può essere presente anche in queste serie, spesso rappresentando personaggi che si considerano superiori agli altri per motivi superficiali come il denaro, il prestigio sociale o il gusto culturale.

    Con empatia

  • di Antonio Di Giorgio

    Esiste una diffocoltà di quest’epoca nel rendere interessanti all’ attuale generazione di allievi, delle scuole superiori, i complessi mondi degli intellettuali che hanno resa l’Italia grande nel contesto culturale internazionale. Questa difficoltà ha un nome: indifferenza, e purtroppo questo distacco ed insensibilità taluni esperti di adolescenza lo leggono in chiave iperprotettiva, taluni ne fanno una questione morale e di valori assenti, io ne faccio una questione di “inizio di oblio” un inizio mostruosamente iniziato anni orsono. Ricordo che già nel 1997 ad una candidata alla maturità chiedendo che cosa le avesse lasciato nel suo animo de “L’ Infinito” di Leopardi, la risposta sconvolgente fu “L’ autore contempla il verde dell’erba”: orbene una risposta che avrebbe fatto voltare nella tomba De Sanctis che fu il primo critico estimatore del titanismo di Leopardi. Negli anni a venire non ebbi migliori risposte dal campione di allievi che ho avuto, certamente negli anni in cui insegnai all’Elba ricordo gli appassionati tormenti interiori dei miei alunni isolani, purtroppo tra di loro annovero un numero (che ora ho smesso di tenere a mente) di suicidi: quei giovani, a me cari, da me tanto sostenuti insieme a splendidi colleghe e colleghi di Italiano di Diritto, Matematica ed Economia, quei giovani in loro sperimentavano l’esperienza dello “scoglio” (l’Isola) che era metafora della solitudine, e in quella loro dilatazione dell’anima s’incamminavano verso il loro titanismo. Non vedo nei miei attuali allievi nulla che mi faccia rendere felice del loro titanismo, nulla, e questo per me non è più motivo di preoccupazione, e la ragione è il contesto in cui opero: l’epoca dell’anti-innocenza e dell’ipnosi da social-media.

    L’energico sentimento del mondo morale è il mondo interiore, ma anche del suo contrario la realtà esterna. Se da un lato esiste il mondo Ottocentesco, che è un mondo in cui la sofferenza patita a causa di patologie gravi era vista e percepita come castigo divino, dall’altro esiste un Ottocento, quello scientifico, in cui le scienze biologiche forniranno i presupposti per cui la diversa abilità le deformità fisiche col tempo potranno essere superate. Ci vorrà più di un secolo perché questa mentalità nasca e sviluppi una coscienza del tutto nuovo.

    Nei Disegni letterari Leopardi ricorda un fatto di cronaca singolare: il suicidio di una monaca. C’è una diatriba sull’identificazione della religiosa suicida, tuttavia esiste un tentativo ermeneutico in Palazzeschi ne Il convento delle Nazarene1. Palazzeschi, infatti, nel rievocare il ricordo leopardiano, delinea la solitudine delle monache, invitando il lettore a suggestioni intense: esse oggi sarebbero possibili ?

    Certamente fra le suggestioni leopardiane il paesaggio recanatese è di primaria importanza, e abbiamo notato come da un fatto di cronaca che certamente lo colpì profondamente, sia possibile ricavare un piano di comprensione anche di natura spirituale di Leopardi, sulla scorta delle intuizioni percepite da De Sanctis e Sapegno e poi abbandonate dalla stragrande parte della critica leopardiana, impegnata a leggere l’aspirazione civica e sociale dell’intellettuale marchigiano.
    La natura quindi nell’intenzione del disegno/progetto del romanzo avrebbe dovuto essere investigatrice dei moti interiori.
    La suggestione di Palazzeschi al ricordo di Leopardi dà l’occasione di ripensare il
    recanatese e la sua visione anche secondo una prospettiva trasnpersonale

    All’affettuoso ricordo, immortale di: Margherita Vai e Patrizia Piscitello, colleghe ed amiche scomparse troppo presto.

    Al ricordo di stima e affetto incmmensurabile di: Paola Modigliani, Paola Valvason, di Elena Santucci e Ada Negri

    Con empatia…

  • di C.B.

    Arrivano spesso giorni difficili ed impossibili, poi mi ritrovo con il mio laptop a scrivere di quanto sia invivibile andare avanti con il procedere della settimana e ad essere stremati e stressati.

    Potrebbe sembrare che i tacchi alti siano l’unico ostacolo nella vita di una donna lavoratrice, ma esiste un altro nemico nascosto che si annida dietro le luci al neon e le scrivanie impolverate: le fatiche del lavoro settimanale. Ogni settimana, ci ritroviamo a ballare con la musica delle nostre responsabilità, cercando di non inciampare nei nostri stessi passi.

    I lunedì sono come un paio di scarpe nuove: promettenti, ma scomodi. Ci avviciniamo alla scrivania con il cuore in gola, sperando che il caffè ci dia la spinta necessaria per affrontare la montagna di email che ci aspetta. Il martedì è come un paio di zeppe: ci sentiamo un po’ più in equilibrio, ma cominciamo a sentire il peso dei progetti che si accumulano.Il mercoledì è il punto di svolta, come una svolta improvvisa sulle strade trafficate della vita lavorativa. Siamo a metà settimana e, nonostante la stanchezza si faccia sentire, possiamo già intravedere la luce alla fine del tunnel. Il giovedì è come un paio di ballerine: leggere e aggraziate, ma ancora impegnative. Ci muoviamo con grazia tra riunioni e scadenze, sperando di non perdere l’equilibrio.E infine arriva il venerdì, come un paio di comode sneakers dopo una lunga giornata con i tacchi. Finalmente possiamo tirare un sospiro di sollievo e lasciarci andare alla promessa di un fine settimana di meritato riposo. Ma anche mentre togliamo le scarpe, sappiamo che presto sarà di nuovo lunedì e che dovremo ricominciare da capo.Quindi, mentre guardo fuori dalla finestra del mio appartamento, mi chiedo: quanto peso possono sopportare davvero i nostri piedi? E forse, più importantemente, quanto peso possono sopportare le nostre anime? Ma alla fine della giornata, con una risata e un bicchiere di vino in mano, so che saremo pronte a metterci di nuovo in gioco, perché questo è il balletto della vita lavorativa, e noi siamo le ballerine della nostra storia.

    Questa settimana resta per m come quella fra le più faticose mai vissute nei miei ultimi anni: lo stress è nemico del respirare sano e del sostare dentro un confine fatto di leggerezza e benessere.

    Adoro la calma del pomeriggio del venerdì: vorrei poter vivere in eterno dentro un calmo pomeriggio del venerdì e gustare la serenità dello stare sola con me stessa, i miei pensieri e avere la possibilità di meditare su questo nostro tempo divoratore e cannibale di giorni snervanti.

    Con empatia

  • di C. B.

    Essere in contatto con il “profondo dell’anima” implica spesso il desiderio di vivere in modo autentico, abbracciando la verità di sé stessi e agendo in armonia con i propri valori più profondi. Queste parole dell’ articolo “Il profondo e noi” mi hanno ispirata e al tempo stesso posto interrogativi e qualche dubbio; il contatto con la nostra dimensione interna, il contatto a noi stessi è stata l’occasione di ripensare a ciò che si fa nel corso del tempo: io, C.B., che ho combinato?

    Forse non sono un’amica migliore per nessuno… Forse sono pessima quando al lavoro non parlo con chi non mi degna di un saluto… Forse sono solo stupida se dico a un tale che si avvicina a me “No, grazie” e la mia stupidità è reale o è la proiezione di un mio dubbio, di un mio istinto di conservazione su me stessa e verso il luogo in cui vivo? Sono autentica? Essere autentici e sinceri con se stessi e gli altri è una questione profonda che coinvolge la nostra identità e la nostra relazione con il mondo. In un’epoca in cui le pressioni sociali possono spingerci a mascherare la nostra autenticità, è cruciale riflettere su questa domanda e valutare la sincerità dei nostri rapporti. Tuttavia, essere autentici e sinceri non è sempre facile. La paura del giudizio o la volontà di conformarsi possono rappresentare ostacoli significativi. Superare queste sfide richiede una continua crescita personale e il coraggio di esprimere la propria verità, anche quando è scomoda.

    A volte a me il coraggio manca, mi viene meno. E poi cos’è il coraggio?

    Nella danza della vita, c’è un partner straordinario chiamato coraggio. È un compagno che ci accompagna nei momenti difficili, nelle sfide che ci attendono dietro l’angolo. Tuttavia, il coraggio, come una stella cadente, brilla ancora più intensamente quando ha testimoni. In un mondo che spesso sembra indifferente, il coraggio ha bisogno di essere visto, celebrato e condiviso. E chi meglio di noi stessi può agire da testimoni coraggiosi?

    Essere se stessi in un mondo che spesso richiede maschere è un atto di coraggio. Però,il coraggio raggiunge la sua massima potenza quando ciò che siamo è riconosciuto e accettato da coloro che amiamo e che ci amano. Nel condividere il coraggio, costruiamo una comunità di forza e resilienza. Infatti l’adagio, la massima dice “Il coraggio ha bisogno di testimoni”.

    Forse la forma più pura di coraggio è l’amore. Testimoniare il coraggio nell’amore è abbracciare la vulnerabilità, lottare per le relazioni e difendere ciò che è giusto. A volte ognuno di noi, con il suo cuore aperto e la sua lingua “affilata”, è un testimone straordinario di questo tipo di coraggio.

    In un mondo che spesso sembra troppo occupato per fermarsi e riconoscere la forza coraggiosa che c’è in ognuno di noi, dobbiamo essere i testimoni l’uno dell’altro. Il coraggio è un atto di bellezza selvaggia, e ogni volta che testimoniamo la sua presenza, contribuiamo a far brillare una luce che può attraversare anche le notti più oscure. Siate testimoni, siate coraggiosi e ricordate che la vostra storia è degna di essere raccontata.

  • di Giulio Scarpellini

    Chi è che sta pensando sui giovani? E che cosa stanno dicendo?

    C’è chi parla sostiene che siano il più valido elemento della società a cui è dato di costruire il futuro oppure c’è chi si chiede: i giovani siano il gruppo sociale che può portare alla distruzione dell’organizzazione sociale?

    Credo che i giovani possano essere raggruppati in queste due macro categorie: i giovani mansueti, cordiali, ottimisti i quali cercano di sviluppare la propria conoscenza terrena e spirituale e i giovani violenti, truculenti, negativi per il contesto in cui vivono.

    Dei primi si può dire che partecipano al mondo dell’associazionismo, ad esempio “Libera”, che ha lo scopo di promuovere i diritti di cittadinanza, la giustizia sociale e la cultura della legalità democratica; oppure si impegnano per la salvaguardia del territorio, come il “GVA”, gruppo volontari antincendi, oppure nei gruppi scout aiutando i bisognosi, fornendo aiuto in aree dove si sono registrate catastrofi, danneggiamenti o distruzioni in genere.

    L’altra categoria raggruppa i giovani che costantemente mettono in pratica comportamenti negativi come lo spaccio, gli atti vandalici, fino agli omicidi, favorendo così una visione distorta della vita stessa e determinando malessere per le persone che vivono intorno a loro.

    Questa è ovviamente una schematizzazione poiché il mondo giovanile è talmente variegato che neppure un bravo sociologo potrebbe coglierne tutte le sfumature.

    In aggiunta a quanto detto, credo che ogni ragazza o ragazzo, come le stelle per un marinaio, venga guidato da valori che sin dalla nascita sono stati interiorizzati attraverso l’educazione famigliare. Successivamente, nell’adolescenza, questi vengono rafforzati, modificati, cambiati a seconda delle amicizie, dell’amore per lo studio, dell’ambiente in cui si cresce. L’adolescenza, che guida verso l’età adulta, è infatti un periodo fondamentale poiché porta ogni ragazzo alla scoperta degli aspetti fisici, emotivi, religiosi, spirituali. Ma le risposte agli interrogativi potranno essere molto diverse.

    Io non so cosa dicono di me, però mi piace precisare che mi colloco nel gruppo di coloro che rispettano la legge, la società, le persone.

  • di Giulio Scarpellini

    Alle pendici orientali dei Monti Pisani, si trova un piccolo borgo dal nome assai battagliero, Buti.

    Quattro lettere che secondo alcuni sono da riferire a un condottiero romano, Buitus, fermatosi con il suo drappello in questo territorio, secondo altri semplicemente alla forma a imbuto della valle.    

    Attraverso un viaggio ipotetico visiteremo il paese in cui vivo da sempre e dove sono nati i miei antenati. 

    È un borgo ricco di potenzialità, dovute alla struttura architettonica ma soprattutto alla comunità che ci vive. 

    La piazza Garibaldi è il centro dell’abitato, ma molte altre ne troviamo soprattutto in corrispondenza delle sette contrade in cui è suddiviso il paese. C’è poi la parte alta verso il monte Serra, l’antico borgo di Panicale, e quello di Castel Tonini caratterizzato dal castello attualmente in restauro. 

    Le persone che ci vivono si conoscono tutte e instaurano relazioni semplici ma profonde. Quasi tutti gli abitanti sono caratterizzati da soprannomi che indicano qualche tratto sostanziale della persona.  

    Scrivere contrade richiama alla memoria la vera festa del paese, il Palio di Sant’Antonio Abate, una corsa di cavalli che si corre nel mese di gennaio e che richiama una tradizione lontana nel tempo.

    Nel primo mese dell’anno il paese si tinge dei colori delle contrade, ciascuno esce sguainando la sciarpa con il colore della contrada, impettito cammina per le strade in attesa del fatidico giorno. 

    I butesi diventano dei “patrioti” della propria contrada, e con cuore a strisce urlano a squarciagola e con spirito combattivo al massimo l’inno della propria contrada.  

    In realtà, per tutto l’anno si organizzano le sagre allo scopo di creare spirito di aggregazione e di reperire i soldi per pagare i fantini e i proprietari dei cavalli.  

    Il giorno fatale, si ha l’ansia nelle vene e il cuore in gola fino a quando la propria contrada non gareggia. Finita la gara, chi vince il cencio, cioè il trofeo, festeggia in contrada. Musica e festa diventano tutt’uno con i butesi. 

    Per quanto riguarda il Palio potrei continuare a scrivere per ore, ma non posso andare avanti poiché ho il compito da svolgere: farvi immergere in un viaggio insieme a me nel mio paese. Non sarò Virgilio ma almeno un’idea potrò forse darvela. 

    Oltre al Palio e alle sagre ci sono le tradizioni teatrali come il Maggio, canto popolare che ha nel contadino ottocentesco Pietro Frediani un autore importantissimo, e il canto in ottava rima con lo straordinario poeta improvvisatore Nello Landi.  

    A Buti ogni angolo parla di storia e di cultura, dal teatro Francesco di Bartolo, intitolato al primo commentatore in volgare della Commedia di Dante, alla villa medicea, residenza estiva della famiglia dei Medici. 

    Oltre a queste perle, Buti nasconde la storia anche tra gli olivi e i castagni, simboli del paese e non a caso presenti nello stemma comunale: ritrovamenti delle guerre mondiali, rifugi antiaerei abbandonati, storie di persone e cose che hanno costruito questa comunità.  

    Credo che sia giusto mostrare al mondo che cosa ha da offrire il mio paese, poiché Buti non è solo “mangià e be’ (mangiare e bere) nei numerosi ristoranti che accolgono i visitatori”, Buti è molto di più e può diventare di più, valorizzando il territorio e le persone che hanno fatto la storia. 

    Per me, poi, Buti rappresenta un luogo dell’anima, perché ci vivo fin da neonato, ne conosco i luoghi più sperduti, i silenzi, i suoni. Ma questa è una storia tutta mia, che mi porto dentro e che forse vi interessa meno. Vi invito però a venire a Buti e a lasciarvi andare, trasportati dalla luce del tramonto e dalla serenità che entreranno anche nel vostro mondo interiore. 

    Il piccolo viaggio termina qua, spero di essere riuscito a darvi una idea del mio borgo e, se non ci fossi riuscito, ahimè dovreste venire a scoprirlo di persona. 

  • di Celeste Bennardis e Antonio Di Giorgio

    L’onda emotiva dell’ennessimo femminicidio di Cecchettin ha prodotto l’eco spasmodica di una richiesta: a scuola si deve fare una trentina d’ore, il pomeriggio, ma le famiglie non sono obbligate ad inviare i loro ragazzi a lezione di Educazione Affettiva/Emotiva.

    Autorevoli testate nazionali hanno fatto proclami, e c’è un vero e proprio fronte tipo il caso Dreyfus: c’è chi la vuole, c’è chi l’ha invocava da decenni e c’è chi ne ha paura. Chi aveva paura di Virginia Woolf? Viene da chiedersi, e il film avrebbe il suo raggion d’essere, perché tratta una materia semplice ed antica: incomunicabilità nel rapporto a due. Non servono studi OCSE-Pisa per capire che esiste un abissale fallimento genitoriale: chi è membro delle chat di “WozApp” dei gruppi genitori di ogni ordine di scuola sa benissimo cosa ci stiamo riferendo alla “virologa Rushenka” di Livorno, il caso famosissimo che ha fatto ridere tutta Italia sottolineando la drammatica realtà per cui la scuola è percepita dall’80% dei genitori come nemica e non come istituzione solidale. Questa è la tristissima realtà

    TGCOM 24, oggi alle ore 12:51 faceva sapere che Valditara ha revocato il mandato del Garante tripartito fra Paola Concia, Monia Alfieri (quest’ultima è una suora) e Paola Zerman per la cosiddetta gestione e dunque per avviare il progetto di Educazione Affettiva/Relazionale/Sentimentale nelle scuole del Regno. Dunque un progetto nasce come “non-nato” un ennessimo omicidio-femminicidio che sarà archiviato; il caso Cecchettin pone molti dubbi, che non saranno risolti presto. Ognuno di noi è una risultanza di processi evolutivi. Sicuramente il caso Giulia Cecchettin passerà agli annali come quello di Milena Sutter: ah chi si ricorda della povera Milena?

  • di Celeste Bennardis

    Il 25 novembre è una data di particolare importanza nel calendario internazionale, poiché è designato come la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Questa giornata è un richiamo universale per riflettere sulle sfide che le donne affrontano in tutto il mondo e per rinnovare l’impegno collettivo nella lotta contro la violenza di genere. In questo articolo, esploreremo l’importanza del 25 novembre, analizzando il contesto storico, le sfide attuali e le azioni necessarie per promuovere un mondo in cui tutte le donne possano vivere libere dalla violenza.

    Contesto Storico: La scelta del 25 novembre come data simbolica non è casuale. Questa giornata commemora il brutale assassinio delle sorelle Mirabal, attiviste politiche nella Repubblica Dominicana, nel 1960. Le loro voci furono stroncate da chi temeva il cambiamento e la loro determinazione nel combattere l’oppressione e la dittatura. Da allora, il 25 novembre è diventato un giorno di ricordo e azione per tutte le donne che hanno subito violenze simili.

    La Diffusione della Violenza di Genere: Nonostante i progressi nella lotta per i diritti delle donne, la violenza di genere rimane un problema diffuso in tutto il mondo. Milioni di donne sono vittime di violenza ogni anno, sia a livello fisico che psicologico. Questa violenza può manifestarsi in molte forme, tra cui violenza domestica, tratta di persone, molestie sul lavoro e discriminazioni di vario genere. Il 25 novembre è un momento cruciale per mettere in luce queste questioni, sensibilizzare l’opinione pubblica e lavorare insieme per trovare soluzioni.

    Le Radici della Violenza di Genere: Per affrontare efficacemente la violenza di genere, è essenziale comprendere le sue radici profonde. La discriminazione di genere, l’ineguaglianza economica, la mancanza di accesso all’istruzione e la cultura del patriarcato sono solo alcune delle cause sottostanti. Affrontare la violenza di genere richiede un approccio olistico che affronti queste radici e promuova un cambiamento culturale duraturo.

    L’Urgenza dell’Educazione: Un elemento fondamentale nella lotta contro la violenza di genere è l’educazione. Educare le persone fin dalla giovane età sulla parità di genere, il rispetto reciproco e l’importanza del consenso può contribuire a creare una società più equa e giusta. Le scuole, le famiglie e le comunità devono lavorare insieme per rompere gli stereotipi di genere dannosi e promuovere valori che favoriscano il rispetto e l’uguaglianza.

    Il Ruolo delle Donne nell’Attivismo: Le donne hanno storicamente giocato un ruolo cruciale nell’attivismo per i propri diritti, e il 25 novembre offre un’opportunità per celebrare e riconoscere questi sforzi. Dall’attivismo locale alle organizzazioni internazionali, le donne stanno combattendo per porre fine alla violenza di genere e per garantire un futuro più sicuro per le generazioni future. Il loro coraggio e la loro resilienza sono un faro di speranza e un richiamo all’azione per tutti noi.

    L’Importanza della Sensibilizzazione: La sensibilizzazione è un tassello cruciale nella lotta contro la violenza di genere. Eventi come il 25 novembre forniscono una piattaforma per sensibilizzare l’opinione pubblica su questioni spesso trascurate. Campagne mediatiche, eventi locali e iniziative online possono contribuire a diffondere informazioni cruciali sulla violenza di genere e a incoraggiare un cambiamento di atteggiamento nella società.

    La Necessità di Politiche Efficaci: Oltre alla sensibilizzazione, è fondamentale che i governi e le istituzioni adottino politiche efficaci per contrastare la violenza di genere. Queste politiche dovrebbero includere leggi rigorose contro la violenza domestica, programmi di sostegno alle vittime e misure per promuovere l’uguaglianza di genere nei luoghi di lavoro e nella società in generale. Il 25 novembre è un momento opportuno per riflettere sul progresso fatto e sul lavoro ancora da fare in questo settore.

    In chiusura, il 25 novembre è molto più di una semplice data nel calendario. Rappresenta un richiamo costante all’azione, un’opportunità di riflettere sulle conquiste e sulle sfide nella lotta contro la violenza di genere. Affrontare questa questione richiede un impegno collettivo, dalla sensibilizzazione all’educazione, dalle politiche alle azioni quotidiane. Solo lavorando insieme, uomini e donne, possiamo sperare di creare un mondo in cui tutte le donne possano vivere libere dalla paura e dalla violenza.

  • di C.B.

    Buonasera, lettori affascinanti!

    In un’epoca in cui le tempeste della vita possono farci vacillare, i libri emergono come la solida colonna vertebrale morale di un individuo, sostenendoci con la forza delle loro parole e il peso delle loro storie. Sono più di semplici accumuli di carta rilegata; sono le pietre miliari che definiscono la nostra comprensione del bene e del male, plasmando la nostra identità morale. La citazione “i libri sono la colonna vertebrale morale di un individuo” è spesso attribuita a Henry David Thoreau (1817-1862), un famoso scrittore, poeta e filosofo statunitense del XIX secolo.

    Come una colonna vertebrale che sostiene il corpo umano, i libri ci offrono un’ancora nella complessità del mondo che ci circonda. Attraverso personaggi indimenticabili e trame avvincenti, ci insegnano la differenza tra giusto e sbagliato, ci fanno riflettere sulle conseguenze delle nostre azioni e ci guidano attraverso le sfide etiche della vita.

    La bellezza della colonna vertebrale morale dei libri risiede nel fatto che non si tratta di imposizioni rigide, bensì di un invito alla riflessione. Ci invitano a esplorare il nostro mondo interiore, a confrontarci con le diverse prospettive e a plasmare la nostra morale attraverso l’esperienza di altri. I libri fungono da specchio in cui possiamo vedere riflessi i nostri valori, le nostre debolezze e le nostre virtù.

    Faccio con voi una pausa dal mio lavoro di sempre per immergermi in un tema più profondo, più intenso: l’amore. Ah, l’amore, quella meravigliosa avventura che può farci fluttuare tra le nuvole o precipitarci nell’abisso. Questa sera, mi siedo con il mio laptop, una tazza di caffè fumante accanto e l’incessante suono dei clacson di Roma, fuori dalla finestra. È il momento di esplorare le pieghe oscure e luminose del cuore umano. Roma, città eterna o meno, con le sue strade trafficate e il suo “cupolone” mozzafiato, l’amore sembra danzare in ogni angolo. Ma c’è qualcosa che mi ha colpito: la sottile linea tra la passione travolgente e la cruda realtà. Come facciamo a navigare tra queste due dimensioni senza perdere il nostro senso di sé?

    Mi rivolgo a vo lettori incalliti e amanti delle parole stampate! Sono qui oggi per condividere una delle mie più grandi passioni: i libri. Per chiunque mi conosca, è chiaro che il mio amore per la lettura è qualcosa di più di una semplice abitudine. È come un’ossessione, un viaggio in mondi sconosciuti che mi ha insegnato tanto sulla vita e sulla complessità umana. Le pagine di un libro possono essere un rifugio, una via di fuga dalla realtà o un modo per esplorare angoli remoti della mente umana. Quando un libro cattura la tua attenzione, diventa più di una semplice storia. Diventa un compagno, un confidente, e in alcuni casi, una vera e propria ossessione.

    Mi è capitato di trovare libri che mi hanno tenuta sveglia tutta la notte, immersa nelle vite di personaggi che sembravano così reali da poterli toccare. C’è qualcosa di magico nel modo in cui le parole possono trasportarti in un altro mondo, facendoti dimenticare la monotonia della vita quotidiana.

    L’ossessione per i libri è un sentimento che molti di noi lettori condividono. È quel desiderio incessante di scoprire nuove storie, nuovi autori, nuovi mondi. È la gioia di trovare un libro così coinvolgente da non poterne fare a meno, nemmeno quando la vita bussa alla porta.

    Ma c’è qualcosa di speciale nel diventare ossessionati dai libri. Ci rende più saggi, più empatici, più aperti al mondo che ci circonda. Le pagine gialle e consunte diventano specchi della nostra anima, riflettendo le emozioni.

    L’ozio del leggere è come una pausa caffè per la mente. È quel prezioso momento in cui ci immergiamo in un universo parallelo, lontano dalle preoccupazioni quotidiane e dalle ansie che la vita moderna ci impone. È una fuga controllata, una sospensione temporanea della realtà che ci consente di ritrovare equilibrio e serenità.

    A volte, ci troviamo intrappolati nella frenesia della vita, correndo da un impegno all’altro senza mai sollevare lo sguardo dallo schermo del nostro cellulare. In questi momenti di eccessiva attività, l’ozio del leggere diventa un atto di resistenza, una dichiarazione silenziosa contro la corsa incessante del tempo. È un invito a rallentare, a dedicare tempo a noi stessi, a permettere alla mente di respirare.

    Leggere per ozio non significa affatto essere pigri o inattivi. Al contrario, è un modo di coltivare la mente e l’anima senza la pressione di dover imparare o produrre qualcosa. È un’esperienza libera da aspettative, una dolce sinfonia di parole che ci avvolge come una coperta calda in una serata fredda.

    Nel contesto dell’ozio del leggere, non si tratta solo di completare pagine, ma di assaporarle lentamente come un buon vino. È lasciare che le parole danzino nella mente, che le immagini prendano vita e che le emozioni crescano in noi come un seme ben piantato.

    In un periodo in cui le opinioni possono essere effimere e le certezze sfuggenti, i libri sono come pilastri solidi che resistono al vento mutevole del cambiamento. Ci offrono stabilità e ci permettono di ancorare le nostre convinzioni in qualcosa di più duraturo di una tendenza di breve durata.

    Quindi, mentre affrontiamo le sfide della vita quotidiana, non dimentichiamo mai il potere trasformativo dei libri. Sono la colonna vertebrale morale che ci tiene eretti nella tempesta, la guida silenziosa che ci accompagna nel cammino della crescita personale. Con un libro tra le mani, possiamo essere certi di non essere mai soli, perché la colonna vertebrale morale delle storie che abbracciamo è pronta a sostenere il peso delle nostre esperienze e a guidarci verso una comprensione più profonda di noi stessi e del mondo che ci circonda.

    Con amore ed empatia…

  • di Antonio Di Giorgio

    Ho una storia da raccontare: non ho più alcun social-media da cui avere dipendenza. Di dove inizio? Da una citazione di Alfieri: in una lettera Alfieri ricorda che i romani crearono un altare alla Paura (Fobos) che ebbe il rango di Dea.

    Ogni persona ha il diritto di vivere una vita libera da paura, intimidazioni e violenze. Il bullismo è un problema diffuso che colpisce molte persone, sia giovani che adulti, e lascia cicatrici profonde nell’anima.

    È nostro dovere, come individui e come comunità, alzarci contro il bullismo e lavorare insieme per creare un ambiente in cui tutti possano sentirsi al sicuro e rispettati. Ogni azione conta, e ognuno di noi ha il potere di fare la differenza.

    Invece di ignorare o giustificare il bullismo, sfidiamolo. Siate gentili e solidali con gli altri, cercate di comprendere le differenze e rispettate ogni individuo per chi è. Non siate spettatori passivi: se vedete o sospettate che qualcuno sia vittima di bullismo, intervenite e offrite il vostro supporto.

    Educatevi e educate gli altri sulla gravità del bullismo e sulle sue conseguenze. La consapevolezza è fondamentale per promuovere un cambiamento positivo. Parlate apertamente, organizzate iniziative nella vostra comunità, nelle scuole e sul luogo di lavoro per sensibilizzare e prevenire il bullismo.

    Non ho più account Facebook, perché ho subito alcune molestie nel corso del periodo in cui ero iscritto su Fb. Fui un iscritto della cosiddetta prim’ora, dal 2006, a quel tempo era difficile inserire le immagini dal computer, tutti lo facevano in modo strano, a quel tempo studiavo a Roma e a Torre Pellice, avevo poco tempo per me stesso. Alla fine del 2022 ho eliminato l’account, e ne sono contento.A dire il vero lo chiusi la prima volta nel 2009 e lo riaprii solo nel 2012. Dieci anni di Fb mi hanno fatto capire due cose: detestavo l’invadenza curiosa degli ex conoscenti che la vita ha allontanato, mentre ho apprezzato conoscenze nuove e sodalizi più maturi.

    Oggi ho curiosato sulle pagine libere di Fb, e mi sono imbattuto in un tale che chiamerò Dibbì dalle iniziali del suo nome e cognome.

    Questo tale è vivente, ha dei figli, e andavo a scuola con questo tipo che ogni santo giorno per anni mi bullizzava apostrofandomi con un saluto ignobilissimo. Mi ricordo (e il ricordo è nitido) che mi paragonò a un cane, il paragone alcuni lo trovarono disprezzante, ma lo trovai non così disprezzante: se nelle intenzioni di Dibbì doveva esser un insulto, non potei mai detestare il confronto con il cane cui mi si paragonava, in fondo era un cane di razza, era un barboncino biondo, cui misero i perfidi compagni di classe il mio nome. Il ritrovo era al muretto presso la scuolaccia che frequentai alle medie inferiori, in via San Gaetano a Livorno, ci ho passato i peggiori anni della mia vita di ragazzino, ne sono venuto fuori però trionfante, e questo però non impedisce ai miei pensieri intrusivi di essere potenziati dal rancore che ancora ho nei confronti di Dibbì e dei suoi amici. Ho odiato Dibbì, e trovo sia sano il rancore presente che ho nei suoi confronti.

    l bullismo è un comportamento intenzionale e negativo che coinvolge l’abuso di potere, spesso ripetuto nel tempo, da parte di uno o più individui nei confronti di una persona più debole o vulnerabile. Può manifestarsi in varie forme, come il bullismo fisico, verbale o psicologico. Il bullismo è spesso finalizzato a intimidire, ferire o isolare la vittima. Li ho conosciuti tutti, questi bullismi.

    D’altra parte, i pensieri intrusivi sono pensieri indesiderati, fastidiosi e ripetitivi che possono emergere nella mente di una persona senza alcun controllo volontario. Questi pensieri possono essere disturbanti e causare disagio emotivo. I pensieri intrusivi non sono necessariamente correlati a comportamenti negativi verso gli altri, ma possono comunque causare stress significativo all’individuo che li sperimenta. Non ho molta fiducia nel mio prossimo, e se non ho questa fiducia la responsabilità è dei Dibbì che ho incontrato nella vita

    La principale differenza tra i due concetti è che il bullismo è un comportamento esterno, diretto verso gli altri, mentre i pensieri intrusivi sono processi interni della mente che non sono necessariamente manifesti nelle azioni esterne di una persona. Mentre il bullismo è un problema sociale che coinvolge interazioni tra individui, i pensieri intrusivi sono più legati al funzionamento individuale della mente.

    Ho subito:

    bullismo alla scuola media Pazzini a Livorno; ho subito discriminazione dalla pletora di alcuni insegnanti di quella scuola: in casa si celava la nostra ascendenza e la fede che poteva inguaiarmi.

    Ho subito:

    antisemitismo da adulto, al lavoro, ho subito molestie sessuali da ambo i sessi, ho vissuto angherie per presunzione di certuni.

    Subire, subìto e non più subirò.

    Insieme, possiamo sconfiggere il bullismo e costruire un futuro in cui ogni persona possa vivere senza paura di essere giudicata o ferita. Siate i cambiamenti che volete vedere nel mondo e lavorate per un ambiente in cui regni l’amore, il rispetto e la comprensione reciproca.

    Grazie per prendere posizione contro il bullismo e contribuire a creare un mondo migliore per tutti.

    Con amore e solidarietà