di Antonio Di Giorgio
Esiste una diffocoltà di quest’epoca nel rendere interessanti all’ attuale generazione di allievi, delle scuole superiori, i complessi mondi degli intellettuali che hanno resa l’Italia grande nel contesto culturale internazionale. Questa difficoltà ha un nome: indifferenza, e purtroppo questo distacco ed insensibilità taluni esperti di adolescenza lo leggono in chiave iperprotettiva, taluni ne fanno una questione morale e di valori assenti, io ne faccio una questione di “inizio di oblio” un inizio mostruosamente iniziato anni orsono. Ricordo che già nel 1997 ad una candidata alla maturità chiedendo che cosa le avesse lasciato nel suo animo de “L’ Infinito” di Leopardi, la risposta sconvolgente fu “L’ autore contempla il verde dell’erba”: orbene una risposta che avrebbe fatto voltare nella tomba De Sanctis che fu il primo critico estimatore del titanismo di Leopardi. Negli anni a venire non ebbi migliori risposte dal campione di allievi che ho avuto, certamente negli anni in cui insegnai all’Elba ricordo gli appassionati tormenti interiori dei miei alunni isolani, purtroppo tra di loro annovero un numero (che ora ho smesso di tenere a mente) di suicidi: quei giovani, a me cari, da me tanto sostenuti insieme a splendidi colleghe e colleghi di Italiano di Diritto, Matematica ed Economia, quei giovani in loro sperimentavano l’esperienza dello “scoglio” (l’Isola) che era metafora della solitudine, e in quella loro dilatazione dell’anima s’incamminavano verso il loro titanismo. Non vedo nei miei attuali allievi nulla che mi faccia rendere felice del loro titanismo, nulla, e questo per me non è più motivo di preoccupazione, e la ragione è il contesto in cui opero: l’epoca dell’anti-innocenza e dell’ipnosi da social-media.
L’energico sentimento del mondo morale è il mondo interiore, ma anche del suo contrario la realtà esterna. Se da un lato esiste il mondo Ottocentesco, che è un mondo in cui la sofferenza patita a causa di patologie gravi era vista e percepita come castigo divino, dall’altro esiste un Ottocento, quello scientifico, in cui le scienze biologiche forniranno i presupposti per cui la diversa abilità le deformità fisiche col tempo potranno essere superate. Ci vorrà più di un secolo perché questa mentalità nasca e sviluppi una coscienza del tutto nuovo.
Nei Disegni letterari Leopardi ricorda un fatto di cronaca singolare: il suicidio di una monaca. C’è una diatriba sull’identificazione della religiosa suicida, tuttavia esiste un tentativo ermeneutico in Palazzeschi ne Il convento delle Nazarene1. Palazzeschi, infatti, nel rievocare il ricordo leopardiano, delinea la solitudine delle monache, invitando il lettore a suggestioni intense: esse oggi sarebbero possibili ?
Certamente fra le suggestioni leopardiane il paesaggio recanatese è di primaria importanza, e abbiamo notato come da un fatto di cronaca che certamente lo colpì profondamente, sia possibile ricavare un piano di comprensione anche di natura spirituale di Leopardi, sulla scorta delle intuizioni percepite da De Sanctis e Sapegno e poi abbandonate dalla stragrande parte della critica leopardiana, impegnata a leggere l’aspirazione civica e sociale dell’intellettuale marchigiano.
La natura quindi nell’intenzione del disegno/progetto del romanzo avrebbe dovuto essere investigatrice dei moti interiori.
La suggestione di Palazzeschi al ricordo di Leopardi dà l’occasione di ripensare il
recanatese e la sua visione anche secondo una prospettiva trasnpersonale
All’affettuoso ricordo, immortale di: Margherita Vai e Patrizia Piscitello, colleghe ed amiche scomparse troppo presto.
Al ricordo di stima e affetto incmmensurabile di: Paola Modigliani, Paola Valvason, di Elena Santucci e Ada Negri
Con empatia…